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Introduzione
Il movimento “Fotografie libere per i Beni Culturali” ha raccolto sinora più di 3000 firme di studiosi e funzionari della pubblica amministrazione a sostegno della libera riproduzione con mezzi digitali propri a distanza (fotocamere o smartphone, e non scanner o fotocopiatrici che comportano un contatto potenzialmente dannoso ai fini conservativi) di beni bibliografici e archivistici, nel rispetto delle norme a tutela della privacy, del diritto di autore e dell’integrità del bene, come del resto già avviene nei più importanti archivi e biblioteche del resto del mondo. Libertà di riproduzione significa gratuità dello scatto effettuato con mezzo proprio, senza limiti nel numero di fogli o unità archivistiche da riprodurre ed esenzione dall’autorizzazione preventiva. In altre parole si chiede di poter fotografare a distanza ciò che è normalmente manipolabile in sala studio nel corso della normale attività di consultazione al fine di agevolare la trascrizione dei testi, rendere possibile la libera condivisione in rete delle fonti documentarie e favorire la conservazione dei supporti limitando consultazioni reiterate.
Si chiede perciò di estendere nuovamente la libera riproduzione alle fonti documentarie conservate in archivi e biblioteche, come già espresso nel dettato originario del decreto originario Art Bonus entrato in vigore il 1 giugno 2014 (decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83), poi convertito nella legge 29 luglio 2014, n. 106 con un emendamento, approvato alla Camera dei Deputati il 9 luglio 2014, che esclude dalla liberalizzazione i beni bibliografici e archivistici (documenti di archivio, codici manoscritti e volumi a stampa non più tutelati dal diritto di autore). Per la parte rimanente dei beni culturali la riproduzione è infatti già svincolata da preventiva autorizzazione e gratuita: in altre parole chiunque può fotografare in libertà con la propria fotocamera beni culturali esposti nei musei purché le immagini siano impiegate per scopi diversi dal lucro. Gli effetti di tale disallineamento sono paradossali: se infatti i turisti sono liberi di fotografare le opere esposte nei musei italiani, gli studiosi che frequentano archivi e biblioteche per necessità di studio o lavoro non potranno godere della liberalizzazione, non sarà cioè consentito loro di usufruire dei vantaggi della ripresa digitale per agevolare l’attività di trascrizione dei documenti (e di verifica sui testi già trascritti), con grave danno soprattutto per coloro i quali sono costretti a raggiungere un archivio distante centinaia di chilometri dalla propria sede. Attualmente la fotografia con mezzo proprio in alcuni istituti è infatti tassata (con tariffe variabili da 3 euro per ogni faldone fino a 2 euro per ogni singolo scatto ), mentre in altri è addirittura proibita al solo scopo di assicurare adeguati margini di profitto alle ditte private di riproduzione a cui biblioteche e archivi concedono in appalto esclusivo il servizio di fotoriproduzione. La prassi di esigere dagli utenti di archivi e biblioteche corrispettivi per servizi che l’utente può svolgere autonomamente con il proprio mezzo, senza cioè gravare in alcun modo sull’amministrazione, appare in linea di principio iniqua e fortemente limitativa della possibilità di fruire dei beni bibliografici e archivistici per scopi di ricerca e valorizzazione vincolando spesso la ricerca alla disponibilità economica di ciascuno. Ancor più limitante sotto questo profilo risulta l’obbligo imposto agli utenti di ricorrere ad un servizio di riproduzione svolto da terzi, che necessariamente viene erogato a titolo oneroso, con conseguente dispendio di tempo per l’utente.
Al fine di superare definitivamente ed efficacemente le difficoltà appena esposte e ristabilire un rapporto di proficua fiducia e collaborazione tra utenza e amministrazione, si propone di rendere libera e gratuita la riproduzione con mezzo proprio delle fonti documentarie conservate in archivi e biblioteche svolta con finalità di studio e ricerca, allineandosi da un lato alle migliori prassi europee (U.K. National Archives, British Library, Archives Nationales ), dall’altro allo spirito originario del decreto Art Bonus che, in ossequio agli artt. 9 e 33 della Costituzione, non operava alcuna distinzione tra le categorie di bene culturale, allo scopo di favorire la massima circolazione delle immagini di beni culturali. Si legge infatti nel testo della relazione illustrativa del 30 maggio 2014 che ha accompagnato l’entrata in vigore del decreto stesso: «L’imposizione di un rigido sistema di restrizioni alla circolazione delle immagini di beni culturali, ove effettuate per scopi non lucrativi appare non pienamente rispondente al dettato costituzionale che, da un lato, pone a carico della Repubblica il compito di promuovere la cultura (articolo 9, primo comma, della Costituzione) e, dall’altro, sancisce il diritto alla libera manifestazione del pensiero (art. 33)» .
Per questa ragione l’Art Bonus ha stabilito la liberalizzazione delle riproduzioni, da intendersi non solo come possibilità di riprodurre gratuitamente con il proprio mezzo i beni culturali, ma anche come esonero dall’obbligo dell’autorizzazione preventiva alla riproduzione e all’uso della riproduzione stessa per attività non lucrative. Di conseguenza il potere di controllo ex post del Ministero, atto a verificare che la riproduzione sia finalizzata effettivamente a uno degli scopi previsti dalla norma, sostituisce il potere di rilasciare le concessioni ex ante, previsto dall’art. 107 del Codice .
Sul solco delle linee guida culturali espresse dall’Art Bonus, il movimento richiede di rendere libere le riproduzioni di beni archivistici e bibliografici con mezzo proprio: libere cioè da autorizzazione preventiva per attività non lucrative (studio, ricerca, pubblicazioni scientifiche ‘non a scopo di lucro’), libere dal pagamento di corrispettivi di riproduzione per l’utilizzo del mezzo proprio (salvo il rimborso delle spese sostenute dall’amministrazione nel caso l’utente decida di ricorrere ad un servizio esterno di riproduzione) e libere infine dal pagamento di canone d’uso per attività di studio e pubblicazioni scientifiche non a scopo di lucro.
Al fine di facilitare non solo la ricerca ma anche la pubblicazione degli esiti della stessa in una ottica di diffusione feconda del sapere, si propone in questa sede di disciplinare più nel dettaglio l’utilizzo delle immagini di beni culturali regolato dall’art. 108 comma 3 bis nella nuova formulazione introdotta dall’Art Bonus, che stabilisce la libera «divulgazione con qualsiasi mezzo delle immagini di beni culturali» per attività non lucrative, in deroga evidentemente alla necessità di autorizzazione prevista dall’art. 107, che invece continua a sussistere per l’utilizzo delle immagini a scopo di lucro.
Al fine di agevolare la pubblicazione degli esiti delle ricerche che alimentano la ricerca e ne esaltano il senso ultimo, si propone di ridefinire la categoria dell’attività svolta ‘a scopo di lucro’, attraverso la soppressione della prassi autorizzatoria per quelle pubblicazioni editoriali scientifiche minori, che sono cioè caratterizzate da tiratura e prezzo di copertina limitati. Ciò consentirebbe infatti di semplificare la relativa procedura burocratica con ovvi benefici e risparmi non solo per l’utenza, ma anche per l’amministrazione detentrice del bene da riprodurre, che eviterebbe di impegnarsi in procedure amministrative superflue per dedicarsi a più utili attività nell’ambito della gestione di un archivio o di una biblioteca. Verrebbe meno così l’obbligo, attualmente a carico dell’utente, di inoltrare all’amministrazione che detiene il bene culturale la richiesta formale di autorizzazione alla pubblicazione della riproduzione dello stesso corredata da marca da bollo, autorizzazione che tra l’altro appare del tutto superflua, dal momento che di fatto non sussiste alcuna valida ragione per negare la pubblicazione di una riproduzione a scopo scientifico. In questi casi l’ente detentore si riserverebbe, come previsto dall’Art Bonus, la facoltà di effettuare controlli ex post sull’uso delle immagini di beni culturali, mentre la richiesta di concessione potrà invece essere sostituita da una più rapida comunicazione obbligatoria dell’intenzione di pubblicare, con obbligo di specificare origine dell’immagine e di consegna all’ente che detiene l’originale di una copia della pubblicazione, anche on-line.
È evidente che una pubblicazione editoriale a rigore è da ritenersi l’esito di una attività a scopo di lucro per l’editore, ma va considerata anche come l’esito di una attività di valorizzazione, in quanto permette all’autore di diffondere al pubblico contenuti culturali partecipando al processo di diffusione del sapere. Nel rapporto tra funzione lucrativa ed educativa/culturale, appare allora quantomai opportuno operare alcune distinzioni nella categoria delle pubblicazioni a scopo di lucro, secondo criteri che si possono utilmente rivenire nel testo della circolare ministeriale 21/2005, che dispensa l’autore dal pagamento di canoni di pubblicazione per riviste o monografie con un prezzo di copertina inferiore ai 77 euro di prezzo di copertina e diffuse con una tiratura inferiore alle 2000 copie . Ai fini dell’esazione del canone d’uso la circolare aiuta di conseguenza ad individuare termini convenzionali entro i quali l’attività svolta possa intendersi come caratterizzata da uno scopo scientifico ‘prevalente’ rispetto alla finalità meramente lucrativa. I termini previsti dalla circolare 21/2005 aiutano perciò a disciplinare in modo ragionevole il rapporto lucro/non lucro anche nella disciplina autorizzatoria: l’autorizzazione rimarrà necessaria al di sopra della soglia prevista da tale circolare e si accompagnerà alla corresponsione dei diritti di pubblicazione, mentre al di sotto di essa sarà sostituita dall’obbligo di comunicare la volontà di pubblicazione dello studioso che consentirà all’ente proprietario o detentore dei beni culturali di essere informato su ogni ricerca scientifica che riguarderà il patrimonio documentario conservato nei rispettivi archivi e biblioteche.
Un’ultima notazione riguarda l’utilizzo di mezzi tecnologici a supporto del dispositivo di riproduzione, come flash e cavalletti, esplicitamente esclusi dal testo normativo vigente. Si propone una formulazione più generica, rimandando a ciascun ente la possibilità di regolamentare eventuali dispositivi accessori (anche perché le esigenze possono essere diverse da ente a ente, proprio in ragione dei materiali conservati). Ciò per non cadere nel ridicolo dell’attuale formula che vieta «’esposizione a sorgenti luminose» (!) nel corso della ripresa fotografica o perché possono insorgere nuovi strumenti inopportuni (asta per selfie, per esempio), ma anche perché è ormai noto che flash e stativi (che altro non sono che supporti statici per la riproduzione già in dotazione in alcune biblioteche) possono tranquillamente conciliarsi con la tutela del bene fotografato. Appare più opportuno riservare ogni decisione in questo senso agli enti conservatori, impartendo loro eventualmente delle linee guida a cui riferirsi.
Alla luce delle considerazioni e dei principi sopra esposti, al fine di sancire a livello normativo e in forma chiara natura e limiti della liberalizzazione dei beni culturali, è stata formulata nel paragrafo seguente una proposta di modifica dell’art. 108 del Codice dei Beni Culturali relativo alla riproduzione di beni culturali, che sarà necessario integrare con opportuni regolamenti adatti alla realtà e alle esigenze specifiche di archivi e biblioteche.
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Dettaglio della proposta di modifica al Codice dei Beni Culturali
Nota: in rosso le integrazioni, sono barrate le espunzioni.
Art. 107. Uso strumentale e precario e riproduzione di beni culturali.
1. Il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono consentire la riproduzione nonché l’uso strumentale e precario dei beni culturali che abbiano in consegna, fatte salve le disposizioni di cui al comma 2 e quelle in materia di diritto d’autore.
2. È di regola vietata la riproduzione di beni culturali che consista nel trarre calchi, per contatto, dagli originali di sculture e di opere a rilievo in genere, di qualunque materiale tali beni siano fatti. Tale riproduzione è consentita solo in via eccezionale e nel rispetto delle modalità stabilite con apposito decreto ministeriale. Sono invece consentiti, previa autorizzazione del soprintendente, i calchi da copie degli originali già esistenti nonché quelli ottenuti con tecniche che escludano il contatto diretto con l’originale.
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Art. 108. Canoni di concessione, corrispettivi di riproduzione, cauzione.
1. I canoni di concessione ed i corrispettivi connessi alle riproduzioni di beni culturali sono determinati dall’autorità che ha in consegna i beni tenendo anche conto:
a) del carattere delle attività cui si riferiscono le concessioni d’uso;
b) dei mezzi e delle modalità di esecuzione delle riproduzioni;
c) del tipo e del tempo di utilizzazione degli spazi e dei beni;
d) dell’uso e della destinazione delle riproduzioni, nonché dei benefici economici che ne derivano al richiedente.
2. I canoni e i corrispettivi sono corrisposti, di regola, in via anticipata.
3. Nessun canone o corrispettivo è dovuto per le riproduzioni richieste o eseguite da privati per uso personale o per motivi di studio, ovvero da soggetti pubblici o privati per finalità di valorizzazione purché attuate senza scopo di lucro. I richiedenti sono comunque tenuti al rimborso delle spese sostenute dall’amministrazione concedente.
• RATIO: L’ipotesi di esclusione dal canone (diritti di riproduzione) o corrispettivo (tariffari a scatto per riproduzioni con mezzi propri) si attua sia nel caso di riproduzioni eseguite dall’utente, sia nel caso di riproduzioni richieste a terzi dall’utente. Nel caso in cui lo studioso decidesse di rivolgersi a un servizio di riproduzioni sarà comunque tenuto a corrispondere il rimborso spese per il servizio erogato. L’eliminazione del riferimento al «lucro indiretto» consente l’esenzione dal pagamento del canone (i cd. diritti di riproduzione) nell’ipotesi di immagini pubblicate a scopo prevalente di ricerca (cfr. circolare del 2005) al fine di promuovere l’attività di ricerca scientifica. Le pubblicazioni scientifiche nei limiti della circolare del 2005 rientrerebbero nella valorizzazione ‘senza fine di lucro’ sopra citata. Accanto alle riproduzioni richieste all’amministrazione vengono qui contemplate anche quelle ‘eseguite’ dai privati autonomamente con il proprio mezzo.
3-bis. Sono in ogni caso libere, in deroga all’autorizzazione prevista dall’art. 107 comma 1, le seguenti attività, svolte senza scopo di lucro, per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale:
1. la riproduzione di beni culturali diversi dai beni bibliografici e archivistici sottoposti a restrizioni di accesso ai sensi delle disposizioni di cui al Capo III del presente Titolo, attuata nel rispetto del diritto di autore con modalità strumenti che non comportino alcun contatto fisico con il bene, ne’, all’interno degli istituti della cultura, l’esposizione dello stesso a sorgenti luminose o l’uso di accessori potenzialmente dannosi per la conservazione del bene, ne’ l’uso di stativi o treppiedi;
2. la divulgazione con qualsiasi mezzo delle immagini di beni culturali, legittimamente acquisite, in modo da non poter essere ulteriormente riprodotte a scopo di lucro, neanche indiretto.
3. Nei casi in cui dall’attività in concessione possa derivare un pregiudizio ai beni culturali, l’autorità che ha in consegna i beni determina l’importo della cauzione, costituita anche mediante fideiussione bancaria o assicurativa. Per gli stessi motivi, la cauzione è dovuta anche nei casi di esenzione dal pagamento dei canoni e corrispettivi.
4. La cauzione è restituita quando sia stato accertato che i beni in concessione non hanno subito danni e le spese sostenute sono state rimborsate.
5. Gli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per l’uso e la riproduzione dei beni sono fissati con provvedimento dell’amministrazione concedente.
• RATIO: Viene esplicitata (“Sono in ogni caso libere, in deroga all’autorizzazione prevista dall’art. 107 comma 1…”), ribadendo il principio della liberalizzazione enunciato nella relazione illustrativa del decreto Art Bonus, la deroga alla prassi autorizzatoria, prevista dall’art. 107 comma 1, nel caso di riproduzioni effettuate per finalità educative e di ricerca, che potrà essere sostituita in quest’ultimo caso dall’obbligo di comunicare la sede editoriale di pubblicazione nei termini previsti dalla circolare 21/2005. Rimane tuttavia sempre valida la richiesta formale di autorizzazione per le riproduzioni di beni culturali pubblici a fine di lucro, ai sensi dell’art. 107 comma 1. Essendo già prevista la gratuità per scatti effettuati per scopi di studio nell’art. 108 comma da noi riformulato ne consegue che il concetto di ‘libertà’ di riproduzione all’art. 108 comma 3-bis possa essere inteso come libertà “da autorizzazione preventiva” per i casi di non lucro, rendendo in questo modo inequivocabile il noto spirito dell'”Art Bonus”. Nel voler distinguere in questo modo il concetto di gratuità da quello di esenzione da autorizzazione, si esplicita la ‘deroga’ all’autorizzazione sopra indicata, che rimane comunque valida per i casi di non lucro. Si tratta di una integrazione volta a chiarire il concetto di ‘libera riproduzione’ e dunque gli obiettivi dell’Art Bonus in materia di liberalizzazione di riproduzioni di beni culturali.
• RATIO: Si escludono dal novero dei beni culturali oggetto di liberalizzazione i beni archivistici già sottoposti a limitazione di accesso (artt. 122-126), così come i beni bibliografici tutelati dal diritto di autore (art. 107, comma 1). Contemporaneamente vengono esclusi per ragioni di tutela fisica del bene i mezzi tecnici come scanner e fotocopiatrici, potenzialmente lesive dell’integrità del bene a favore di dispositivi a distanza che non comportano un contatto diretto con il bene stesso. Si tratta di una modifica ritenuta necessaria a seguito di interpretazioni precedenti che hanno ritenuto di escludere i beni bibliografici e archivistici dalla libera riproduzione in quanto questi ultimi necessiterebbero di essere ‘manipolati’ per essere riprodotti creando quel contatto diretto che la legge esclude. Per questa ragione si è ritenuto di sostituire il termine generico ‘modalità’ con il termine più specifico ‘strumenti’, facendo seguito alle indicazioni del Consiglio Superiore per i Beni Culturali e Paesaggistici (http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/documents/1406010042551_Mozione_in_merito_alla_libera_riproduzione_di_beni_culturali.pdf). Il riferimento ad accessori potenzialmente dannosi rimette alla discrezione dei singoli istituti l’individuazione della tipologia di accessori rispetto al mezzo di riproduzione eventualmente ammessa nel corso delle riprese.
Mirco Modolo, Andrea Brugnoli, Stefano Gardini, Amedeo Tumicelli
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:
• A.Brugnoli, S.Gardini, Fotografia digitale, beni archivistici e utenti: l’impiego e la diffusione di una nuova tecnologia nella normativa e nelle iniziative dell’amministrazione archivistica, in Archivi e Computer, marzo 2013, pp. 213-256.
https://www.academia.edu/3237630/A._BRUGNOLI_S._GARDINI_Fotografia_digitale_beni_archivistici_e_utenti_l_impiego_e_la_diffusione_di_una_nuova_tecnologia_nella_normativa_e_nelle_iniziative_dell_amministrazione_archivistica
• A.Brugnoli, Riproduzione di beni culturali. Appello al ministro Bray, ROARS, 25/09/2013
http://www.roars.it/online/riproduzione-di-beni-culturali-appello-al-ministro-bray/
• M.Modolo, Il sogno infranto delle libere riproduzioni, in Il Giornale dell’Arte, settembre 2014, p. 10.
http://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/2014/9/120926.html
• A.Brugnoli, Ancora sulla riproduzione dei beni culturali, ROARS, 5 ottobre 2014.
http://www.roars.it/online/ancora-sulla-riproduzione-dei-beni-culturali/
• A.Tumicelli, La questione giuridica della riproduzione dei beni bibliografici e archivistici http://www.diritto.it/docs/36721-la-questione-giuridica-della-riproduzione-deibeni-bibliografici-e-archivistici