Claudio Giunta: Viva l’epoca della riproducibilità tecnica!

Domenicale del Sole 24 ore, 4 gennaio 2015

La British Library di Londra mi scrive (traduco):

Caro Claudio,

negli ultimi anni, molti utenti delle Sale di lettura ci hanno chiesto di introdurre un sistema di fotografia self-service, in modo che i lettori possano usare i loro strumenti per fotografare oggetti utili alle loro ricerche. Siamo lieti di annunciare che il sistema attuale di fotocopiatura self-service verrà esteso alla fotografia. Le nuove norme entreranno in vigore a partire dal 5 gennaio 2015 nelle seguenti Sale di lettura…

Segue l’elenco delle sale di lettura della British Library (quasi tutte) nelle quali ogni lettore potrà fotografare – con la propria macchina fotografica, o con un tablet, o con un cellulare – i documenti che gli occorrono, naturalmente sempre nel rispetto delle leggi sul copyright, e sempre sotto il controllo dello staff della biblioteca (è chiaro che non tutti i documenti possono essere fotografati).

Perché la British Library fa una cosa del genere? Perché vuole rendere il lavoro dei tanti studiosi che la frequentano più facile e più veloce, e perché sa bene che i pochi cents che possono derivare dalle riproduzioni a pagamento non hanno alcuna reale incidenza sul bilancio della biblioteca.

Proposte analoghe sono state fatte, in Italia, negli ultimi mesi, con appelli ai Ministri dei Beni Culturali e articoli su giornali e riviste (ricordo quelli di Andrea Brugnoli e Stefano Gardini su Roars, di Mirco Modolo sul Giornale dell’Arte: si trovano anche nel mio blog). Proposte accolte in un primo momento dal Ministro Franceschini nel decreto ArtBonus, ma poi respinte attraverso un davvero poco motivato emendamento alla Camera.

Si può chiedere adesso ai responsabili del nostro Ministero, al nostro Ministro, di fare pari pari quello che hanno fatto alla British Library (e magari in questo modo così umano: Caro Claudio…)? Non costa quasi niente (e anzi sospetto che la gestione, economica e umana, di questi piccoli introiti rappresenti essa stessa un costo che converrebbe tagliare), facilita il lavoro a chi studia, avvicina il livello delle biblioteche italiane a quello delle migliori biblioteche straniere.

Fonte: http://www.claudiogiunta.it/2015/01/viva-lepoca-della-riproducibilita-tecnica/

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Daniele Manacorda: “FOTOGRAFARE” in “L’Italia agli Italiani. Ostruzioni per i beni culturali”, Bari 2014

Si chiede Daniele Manacorda: che cosa può avere di rivoluzionario un provvedimento che rende libere e gratuite le riproduzioni di beni culturali? Nulla. È assolutamente ovvio che i cittadini abbiano libero accesso alla riproduzione dei beni che costituiscono il LORO patrimonio culturale e sono custoditi in istituti culturali PUBBLICI.

Scarica l’intero testo del lemma ‘fotografare con un click sul seguente link:

FOTOGRAFARE da Manacorda L’Italia agli italiani 23-10

Amedeo Tumicelli: la questione giuridica della riproduzione dei beni bibliografici ed archivistici

L’emendamento nell’analisi giuridica del dott. Amedeo Tumicelli e le perplessità relative ad una norma che limita la libera ricerca e i benefici che invece possono derivare dalla libertà d’uso del mezzo proprio di riproduzione in archivi e biblioteche.

Il testo completo si può visualizzare QUI:

Gian Antonio STELLA, La gabella (da abolire) che pesa sugli studiosi

 «Corriere della Sera», 5 novembre 2014
 stella
Che differenza c’è tra lo studio dei «Princìpi di scienza nuova» di Giambattista Vico e l’acquisto di una bottiglia di Chateau Margaux per una serata con gli amici? Nessuna, secondo lo Stato italiano: sono entrambi due sfizi. Vuoi toglierti il capriccio? Paga. Pare impossibile, infatti, ma a distanza di mesi non è stato ancora posto rimedio a una delle leggi più insensate votate negli ultimi tempi. Quella che vieta ai ricercatori, agli studenti, agli studiosi in genere di fotografare con il telefonino o con una macchina digitale i libri sui quali stanno lavorando per una tesi, un dottorato, una ricerca…
All’estero, come ha spiegato su Il Giornale dell’Arte Mirco Modolo, non è così: «A Londra e Parigi gli studiosi possono riprodurre i documenti con mezzi propri». Ovvio: ogni Paese ha tutto l’interesse di mettere a disposizione il proprio patrimonio bibliografico. Più cresce la classe dirigente che vuole capire, approfondire i temi, più cresce il Paese. Da noi no: il decreto ArtBonus ha liberalizzato le foto nei musei e nei siti archeologici per i turisti, ma si è rimangiato l’apertura, che era nel testo originario, alle libere riproduzioni per motivi di studio dell’intero universo dei beni culturali, a partire dalle biblioteche. Con quella apertura, riassume Modolo, «si poneva fine a un vero e proprio commercio delle riproduzioni sulle spalle dei ricercatori: prima dell’entrata in vigore del decreto alcuni istituti consentivano l’uso della propria fotocamera dietro pagamento di un canone (che poteva giungere sino ai 2 euro a scatto), altri negavano invece tassativamente il ricorso al mezzo proprio per garantire il massimo del profitto alle ditte private cui era concesso l’appalto del servizio di riproduzione in esclusiva». Due euro a scatto? Cento euro per una cinquantina di pagine? Non è un contributo spese: è una gabella. Così lenta, costosa, da costringere perfino qualche universitario a cambiare la tesi per le spese esorbitanti delle riproduzioni fotografiche. Fu salutato con gioia, il primo testo dell’ArtBonus. Macché: grazie a un emendamento galeotto, l’entusiasmo venne subito frustrato: libere foto per i turisti, libera gabella come prima per gli studiosi. Un suicidio: come possono le biblioteche pubbliche estorcere pedaggi a studenti, storici, studiosi? Non c’è scritto nella Costituzione, all’art. 9, che «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica»?