Daniele Manacorda: “FOTOGRAFARE” in “L’Italia agli Italiani. Ostruzioni per i beni culturali”, Bari 2014

Si chiede Daniele Manacorda: che cosa può avere di rivoluzionario un provvedimento che rende libere e gratuite le riproduzioni di beni culturali? Nulla. È assolutamente ovvio che i cittadini abbiano libero accesso alla riproduzione dei beni che costituiscono il LORO patrimonio culturale e sono custoditi in istituti culturali PUBBLICI.

Scarica l’intero testo del lemma ‘fotografare con un click sul seguente link:

FOTOGRAFARE da Manacorda L’Italia agli italiani 23-10

Pubblicità

Gian Antonio STELLA, La gabella (da abolire) che pesa sugli studiosi

 «Corriere della Sera», 5 novembre 2014
 stella
Che differenza c’è tra lo studio dei «Princìpi di scienza nuova» di Giambattista Vico e l’acquisto di una bottiglia di Chateau Margaux per una serata con gli amici? Nessuna, secondo lo Stato italiano: sono entrambi due sfizi. Vuoi toglierti il capriccio? Paga. Pare impossibile, infatti, ma a distanza di mesi non è stato ancora posto rimedio a una delle leggi più insensate votate negli ultimi tempi. Quella che vieta ai ricercatori, agli studenti, agli studiosi in genere di fotografare con il telefonino o con una macchina digitale i libri sui quali stanno lavorando per una tesi, un dottorato, una ricerca…
All’estero, come ha spiegato su Il Giornale dell’Arte Mirco Modolo, non è così: «A Londra e Parigi gli studiosi possono riprodurre i documenti con mezzi propri». Ovvio: ogni Paese ha tutto l’interesse di mettere a disposizione il proprio patrimonio bibliografico. Più cresce la classe dirigente che vuole capire, approfondire i temi, più cresce il Paese. Da noi no: il decreto ArtBonus ha liberalizzato le foto nei musei e nei siti archeologici per i turisti, ma si è rimangiato l’apertura, che era nel testo originario, alle libere riproduzioni per motivi di studio dell’intero universo dei beni culturali, a partire dalle biblioteche. Con quella apertura, riassume Modolo, «si poneva fine a un vero e proprio commercio delle riproduzioni sulle spalle dei ricercatori: prima dell’entrata in vigore del decreto alcuni istituti consentivano l’uso della propria fotocamera dietro pagamento di un canone (che poteva giungere sino ai 2 euro a scatto), altri negavano invece tassativamente il ricorso al mezzo proprio per garantire il massimo del profitto alle ditte private cui era concesso l’appalto del servizio di riproduzione in esclusiva». Due euro a scatto? Cento euro per una cinquantina di pagine? Non è un contributo spese: è una gabella. Così lenta, costosa, da costringere perfino qualche universitario a cambiare la tesi per le spese esorbitanti delle riproduzioni fotografiche. Fu salutato con gioia, il primo testo dell’ArtBonus. Macché: grazie a un emendamento galeotto, l’entusiasmo venne subito frustrato: libere foto per i turisti, libera gabella come prima per gli studiosi. Un suicidio: come possono le biblioteche pubbliche estorcere pedaggi a studenti, storici, studiosi? Non c’è scritto nella Costituzione, all’art. 9, che «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica»?

Mirco Modolo: l’Art Bonus e il sogno infranto delle libere riproduzioni di Beni Culturali

L'”Art Bonus” aveva inizialmente reso libera e gratuita la riproduzione di tutti i beni culturali per motivi di studio. Un emendamento approvato in sede di conversione del decreto in legge ha vanificato la portata innovativa della misura, con grave danno per la libera ricerca: a Londra (National Archives) e Parigi (Archives Nationales) gli studiosi possono riprodurre i documenti gratis con mezzi propri, in Italia, dopo l’illusione iniziale, è invece ancora fantascienza.

Si propone qui un’analisi critica dei motivi dell’emendamento e dei principi a sostegno della libera riproduzione delle fonti documentarie.

Clicca qui per leggere l’articolo pubblicato sul “Il Giornale dell’Arte” (settembre 2014):

http://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/2014/9/120926.html